RINASCIMENTO MARCHIGIANO. OPERE D’ARTE RESTAURATE DAI LUOGHI DEL SISMA

A cura di Pierluigi Moriconi e Stefano Papetti.

Sono passati cinque anni esatti dalla fatidica scossa del 30 ottobre, che afflisse, quasi come un ultimo colpo di grazia, i territori dell’Appennino centrale, già gravemente feriti dalle precedenti scosse dell’agosto dello stesso anno, colpendo città e borghi di grande rilievo per la storia dell’Italia e della civiltà occidentale: i luoghi che videro l’affermarsi dell’egemonia romana, le strade percorse da san Benedetto e da san Francesco, le sedi delle corti rinascimentali più raffinate.

Mentre la ricostruzione ed il restauro dei numerosi monumenti offesi dal terremoto è in colpevole ritardo, contribuendo ad abbattere il morale dei residenti, procede invece con grande vigore il restauro delle opere d’arte mobili, grazie alle numerose iniziative di solidarietà che in questo settore vedono una proficua collaborazione fra lo Stato, gli enti pubblici, le curie, le associazioni no profit.

Grazie all’impegno del Comando Carabinieri Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale delle Marche, diretto all’epoca dal tenente colonnello Carmelo Grasso, e dei molti volontari, nei giorni immediatamente seguenti al sisma ed in occasione delle ricorrenti scosse del 2016-2017, sono state messe in salvo migliaia di opere d’arte mobili prevalentemente conservate in chiese, monasteri, piccole cappelle distribuite nella vasta area appenninica devastata dal terremoto: l’averle salvate portandole in luoghi sicuri e successivamente restaurate, non ha rappresentato soltanto una formidabile occasione per censire un patrimonio artistico capillarmente diffuso ma ha contribuito a mantenere alta la speranza e il senso comunitario per le popolazioni colpite dal sisma.

Come accadde in occasione del terremoto che nel 2009 ha colpito L’Aquila e il suo territorio, anche in questa circostanza Anci Marche ha voluto dimostrare la sua vicinanza alle popolazioni marchigiane in modo concreto, promuovendo e finanziando il restauro di numerose opere d’arte provenienti dai centri del cratere. A questa iniziativa si è affiancato, sin dall’inizio, in maniera paritetica il Pio Sodalizio dei Piceni. Successivamente anche la Regione Marche ha voluto sostenere questo progetto nella consapevolezza che il rilancio dei territori appenninici non possa che muovere dal preservarne l’identità culturale, rappresentata da quelle opere d’arte che per secoli hanno costituito un sostegno morale nei momenti di abbattimento.

Secondo gli accordi presi con Anci Marche, le opere sono state tutte restaurate presso laboratori attivi nell’ambito della regione e, per la prima volta, ogni intervento conservativo è stato preceduto da una accurata analisi diagnostica realizzata dallo spin-off A.R.T. & Co. di Unicam e dalla Scuola di Conservazione e Restauro dell’Università degli Studi di Urbino. I risultati delle indagini e le procedure conservative attuate presso i laboratori sono ampiamente illustrati nel catalogo della mostra, completando così le schede storico-artistiche affidate ai più qualificati specialisti del settore. A questo primo importante corpus di cinquantuno opere restaurate, che si scalano in un arco di tempo che dal XV secolo giunge sino al Novecento, se ne aggiungono altre appena uscite dai laboratori di restauro, costituenti due nuovi lotti, i cui interventi sono stati finanziati da altri benefattori, le associazioni UNPLI Lombardia e Italia Nostra Marche, nonché da contributi sia ministeriali che dell’art bonus.

In questa esposizione, se ne può ammirare una piccola selezione in tutta la sua splendente rinascita. Alcune opere già esposte ad Ascoli, Roma e Senigallia sono state restituite alle rispettive proprietà, con somma gioia di chi ha contribuito a risanarle, altre sono invece in procinto di essere riconsegnate, in attesa di individuare collocazioni appropriate e sicure; non v’è dubbio, infatti, che tutte queste opere dovranno quanto prima rientrare nelle chiese, nei musei e nei palazzi pubblici dai quali provengono, al fine di recuperare quella sottile trama di relazioni culturali e devozionali che fanno di questi dipinti e di queste sculture non soltanto un documento della creatività artistica, ma una testimonianza viva di tradizioni e di consuetudini plurisecolari.

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